La storia di Jake Burton Carpenter e della Burton Snowboards
Quando si parla di snowboard, ognuno ha una personale propensione per un modello, per uno stile e il proprio brand preferito. E se dovessimo discutere su chi l’ha costruito per primo, probabilmente, ci troveremmo in disaccordo. Nominando uno dei 3/4 snowboarder a cui viene dato il merito. Ma se conosci la storia, su una cosa sono quasi sicuro che io e te saremmo d’accordo. Jake Burton Carpenter è stato l’anima dello snowboard, la persona che ci ha dato in dono questo sport e l’ha proiettato con successo dal essere un semplice hobby a diventare uno sport riconosciuto a livello mondiale. Insieme a sua moglie Donna Carpenter, hanno portato lo snowboard moderno in Europa e nel mondo, facendolo apprezzare ai tanti giovani di allora e di oggi. Portando quella che sarebbe diventata la Burton Snowboards a essere una grande comunità, prima ancora di essere una grande azienda.
La storia di Jake Burton e Donna Carpenter
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Tutto nasce dalla storia di un ragazzo, Jake Burton, nato a New York City il 29 Aprile del 1954. Ultimogenito dei 4 figli di Edward e Katerine Carpenter.
La sua passione per la neve e la montagna nasce fin da bambino, quando – all’incirca intorno ai 7 anni – i genitori lo portarono a sciare per la prima volta a Bromley Mountain nel Vermont.
Burton nella sua vita era appassionato anche di Surf e queste 2 esperienze sarebbero state il fulcro che lo avrebbero portato a cercare un modo economico per permettere ai ragazzi universitari di avvicinarsi alla montagna e per continuare a surfare durante l’inverno.
L’adolescenza di Burton, la High school, lo sci e lo Snurfing
Gli anni adolescenziali di Burton sono stati anni agitati. Nel 1967 il fratello maggiore, George Whitney Carpenter, arruolatosi nei Marines, muore in Vietnam mentre prestava servizio. E solo pochi anni dopo (1971), la madre per una Leucemia.
Un duro colpo per Jake Burton, che in quel momento aveva solo 17 anni. In seguito avrebbe detto: “…mio fratello George è stato ucciso in Vietnam…all’improvviso questo Marine con la sua uniforme completa si avvicina a casa nostra…mia madre morì psicosomaticamente di crepacuore… Aveva la leucemia.”
Il rapporto con il padre prima di allora non era stato dei migliori e Burton stesso disse su questo: “non sono mai stato all’altezza delle sue aspettative…” Ma anche che dopo la scomparsa della madre questo cambiò: “Mio padre si è rivelato essere il miglior papà single di sempre dopo la morte di mia madre…era così brillante, così simpatico e mi ha dato dei consigli così semplici e fantastici“.
Nel 1968 iniziò a frequentare la stessa scuola del padre e del fratello maggiore, la Brooks School a North Andover nel Massachusetts. Ma dopo poco tempo venne espulso per una bravata legata al possesso di alcune chiavi della scuola. Anche su questo Jake Burton ha dichiarato: “mio padre ha messo in me la paura di Dio e ho premuto un interruttore. All’improvviso ho avuto i voti migliori della mia classe…” Questo avvenne però nel 1970 quando frequentò la Marvelwood School, una scuola del Connecticut. Dove entrò anche a far parte della squadra di sci.
Lo snurfer a 10 $
Nello stesso periodo (pressapoco nel 68), quando Burton aveva intorno ai 14 anni ed era già un ottimo sciatore, scoprì per la prima volta lo snurfer (progenitore dello snowboard). Ne rimase sorpreso e allo stesso tempo molto affascinato: “L’ho adorato e ho avuto la visione che questo potesse essere uno sport”.
Lo Snurfer era un prodotto nato come un gioco per bambini su falsariga del surf, che già da qualche anno impazzava negli Stati Uniti. E Jake, che avrebbe voluto in regalo un surf dai genitori ma che però non ottenne, quando vide lo snurfer al prezzo di 10 $ decise di acquistarlo. Trascorrendo da quel momento molto tempo sulle colline del Long Island con gli amici, senza ancora sapere che quello sarebbe stato il seme che avrebbe dato il via alla storia della Burton Snowboards.
Il College, la laurea e l’idea di costruire tavole
Nel 1972 Carpenter si iscrisse all’Università del Colorado Boulder, dove provò a entrare nella squadra di sci, ma dove alla fine non ne fece parte. All’Università del Colorado in quel periodo era allenatore di sci Bill Marolt, che portò la squadra a vincere sette titoli NCAA consecutivi (dal 72 a 78). Jake Burton scrisse: “Sono stato tagliato fuori da Bill Marolt che era diventato la mia nemesi alla FIS”.
L’anno successivo lasciò l’università e tornò a New York, dove intraprese il lavoro di allenatore di cavalli da corsa. Ma anche questo durò poco e venne abbandonato quando vide con i suoi occhi un cavallo turbato prima di una gara.
Nello stesso anno decise di riprendere gli studi e si iscrisse ai corsi serali della New York University. Università che frequentò per tutti i 4 anni laureandosi in economia nel 1977.
Ottenuta la laurea incominciò a lavorare per una piccola banca d’affari, dove stando spesso a stretto contatto con diversi imprenditori scoprì il suo spirito imprenditoriale. Ed è in quel periodo che decise d’incominciare a costruire le prime rudimentali tavole da snowboard.
Il trasferimento di Jake in Vermount e la fondazione di Burton Snowboards
Stanco del suo lavoro a New York, nel Dicembre del 1977, all’età di 23 anni, lo abbandonò e si trasferì nel Vermount (a Londonderry) per portare avanti i suoi progetti e le sue aspirazioni: “Lavoravo 12-14 ore al giorno e non mi piaceva…sapevo che il surf sulla neve poteva diventare uno sport…mi sono trasferito…e ho iniziato con le tavole da snowboard”.
Le prime tavole – versioni rivisitate dello snurfer – le costruì di giorno all’interno di un fienile, testandole lui stesso. Per mantenersi faceva il guardiano e accudiva dei cavalli. Inoltre la sera lavorava presso il bar di un hotel. Il nome dell’azienda allora era Burton Boards.
In varie interviste rilasciate negli anni, Jake Burton disse di questo periodo: “Ho fatto un business plan e ho pensato che se fossi riuscito a fare cinquanta tavole al giorno avrei potuto guadagnare 100.000 $ all’anno, quindi quella era la mia missione…Ero così ingenuo. Ho pensato che avrei venduto tavole e fatto soldi subito. Ma quando ho avuto una tavola pronta, l’inverno era finito e nessuno era interessato”…Quando siamo arrivati al punto in cui potevamo produrre cinquanta tavole al giorno, abbiamo venduto solo 300 tavole il primo anno” e ha aggiunto “Ho tenuto un concorso di logo…mia cognata ha inventato il logo della montagna che usiamo ancora oggi”.
Nel 1979 Jake Burton partecipò, con una tavola di sua costruzione, alla 15ª edizione dei Campionati nazionali di Snurfing (National Snurfing Contest – campionato terminato con l’ultima edizione del 1985), che si tenne al Pando Ski Lodge (chiuso nel 2015 – si trovava su Belding Road vicino al lago Bostwick), a Muskegon nel Michigan.
Tuttavia si manifestarono diverse contestazioni per la sua partecipazione alla gara. Questo a causa della forma particolare della sua tavola, diversa dal classico snurfer. Ma molti atleti, tra cui Paul Graves, presero le difese di Jake Burton Carpenter sostenendo che era suo diritto partecipare. Venne perciò istituita una sezione a parte, la Open Division. Fu ovviamente vinta da Carpenter, in quanto era l’unico partecipante. Ma quella gara ha un grandissimo valore perché è considerata la prima vera gara di snowboard.
Gli anni 80, l’incontro con Donna Carpenter e il primo comprensorio sciistico
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Nel 1981 Burton riuscì ad acquistare la sua prima casa a Manchester, nel Vermont. Ogni stanza era praticamente utilizzata per l’attività e per la produzione delle tavole. E in quel periodo incominciarono ad aumentare le telefonate di persone interessate ai suoi prodotti.
La notte di capodanno (81/82), Jake Burton incontra Donna al The Mill Tavern di Londonderry, colei che sarebbe diventata la futura signora Carpenter. Era di New York e come molti newyorchesi saliva nel Vermount nei fine settimana. Donna e Jake incominciarono a frequentarsi e lei incominciò ad aiutarlo nella produzione delle tavole. La storia della Burton Snowboard è ancorata alla vita di Donna tanto quanto a quella di Jake. A maggio del 1983 i due convogliarono a nozze.
La prima volta ufficiale di uno snowboard e di una Burton su una pista da Sci
Lo snowboard e gli snowboarder non erano ben visti ne dagli sciatori ne tanto meno dai comprensori sciistici e in generale ne avevano un forte pregiudizio. Con Andy Coghlan, Mark Heingartner e Chris Carro, che in quegli anni lavoravano con Jake, andavano a provare le tavole e a cavalcare gli snowboard in piena notte, corrompendo spesso gli operatori che guidavano i gatti delle nevi per portarli fino in cima.
Questi erano gli anni in cui Burton cercava di far accettare agli impianti sciistici gli snowbords, provando a convincerli a far salire gli snowboarder sulle seggiovie. Fu una vera odissea, ma Jake Carpenter era una persona ostinata e rimase imperterrito nel raggiungere il suo scopo. Finché nell’inverno del 1983 ebbe la sua occasione.
Nella località sciistica di Stratton, grazie al Mountain Manager Paul Johnston, ebbe la possibilità di provare una discesa con la pattuglia di sci. Jake in alcune interviste affermò: “Stratton è stata la nostra grande occasione” e raccontò che Paul gli disse “Nessuno ti vuole sulla nostra montagna, ma nessuno ha una buona ragione per cui non dovresti essere autorizzato a salire…Vieni su domani…”. Successivamente, Stratton Mountain divenne la prima località sciistica ad accogliere lo snowboard e nel 1985 le gare degli US Open. Oltre a ciò, anche la sede della prima scuola di snowboard.
Il viaggio in Austria e la Burton in Europa
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Fu quando Jake fece visita ad alcune aziende di sci, durante una vacanza invernale in Austria (1984), che iniziò una rivoluzione per la Burton e per il mercato degli snowboards: “Ho passato la maggior parte delle mie serate a visitare stabilimenti di sci, cercando di trovare qualcuno che fosse d’accordo a produrre snowboard con lamine in acciaio”.
La maggior parte delle fabbriche rifiutarono il suo progetto. Fu durante l’incontro con il titolare dell’azienda Keil Ski che i due trovarono una connessione. Delineando che le tavole dovevano prendere spunto dalla tecnologia costruttiva degli sci. Questa scelta fu determinante per la storia della Burton Snowboards e portò le tavole da snowboard a come le conosciamo oggi.
Nel 1985, Jake Burton e Donna Carpenter decisero di trasferirsi in Europa a Innsbruck, in Austria. Il luogo ideale per fondare la base europea di Burton e iniziare la produzione delle tavole per il mercato europeo con la tecnologia da sci della Keil. Jake si occupò della produzione degli snowboards, Donna di costruire la rete di distribuzione.
Negli anni 80 iniziò anche la collaborazione con l’allora campione di Snowboard Craig Kelly.
“Craig è stato un vero punto di svolta” raccontò una volta Jake “Vision aveva comprato i Sims…e Tom venduto l’azienda…ma se Tom avesse tenuto Sims, Craig sarebbe rimasto a cavalcare per lui…”.
Contattato da Craig, Jake lo assunse:“Ho mostrato a Craig che avevamo la nostra macchina da stampa in modo da poter realizzare tavole con la tecnologia degli sci…abbiamo firmato e ricordo che veniva pagato 17.000 $ all’anno; nessuno aveva mai ottenuto così tanto!” ricordò Burton, aggiungendo “Eravamo buoni amici e fino al giorno della sua morte abbiamo avuto così tanto rispetto e amore l’uno per l’altro”.
Le prime olimpiadi, la morte di Kelly, di Anderson e l’incidente di Kevin Pearce
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Nel 1992 la sede centrale della Burton Snowboards venne trasferita a Burlington nel Vermont settentrionale. All’epoca poteva contare su poco più di 100 dipendenti e nel 1994 aprì la divisione giapponese a Urawa-shi.
Nel 1995 Jake e Donna fondarono l’organizzazione di beneficenza Chill Fondation, nel 1997 l’americana ESPN trasmise i primi X-Games e nel 1998 lo snowboard ebbe finalmente il suo debutto olimpico ai Giochi invernali.
Gli anni 2000 sono stati anni duri, sia per l’azienda che per lo stesso Burton. Nel 2003 venne a mancare Craig Kelly durante un’uscita in snowboard, colpito da una valanga in Canada. Nell’incidente rimasero intrappolate 8 persone, di cui 6 ritrovate senza vita. Lo stesso anno, il mese successivo, morì anche Jeffrey Anderson (anche lui snowborder del team Burton) cadendo da una ringhiera di una scala.
Dal 2004 in poi, visto la grande concorrenza, l’azienda iniziò a diversificare il suo mercato allargandolo ai prodotti di abbigliamento e attrezzature varie. La Burton acquisì negli anni diverse società: snowboard, skateboard, surf e abbigliamento.
Gli ori olimpionici di Torino 2006
Nel 2006, in Italia a Torino, i rider Burton Shaun White e Hannah Teter parteciparono alle Olimpiadi con la squadra nazionale degli Stati Uniti. Entrambi vinsero l’oro nell’halfpipe, nelle rispettive categorie.
Nel 2008 l’azienda deteneva 12 Brand acquisiti negli anni precedenti. Ma questa scelta portò anche problemi economici e l’anno successivo vendettero i marchi non necessari mantenendone all’attivo solo 3: Analog, Anon Optics e Channel Islands.
Nel 2009 la Burton Snowboards risentendo della crisi di quel periodo si trovò costretta a una riduzione del personale e degli stipendi. Ma anche in questo caso fu fatto con le migliori intenzioni. Jake e Donna si privarono del loro stipendio.
Nel mese di Dicembre dello stesso anno, lo snowborder del Burton Team Kevin Pearce subì una lesione cerebrale traumatica pericolosa durante l’allenamento, da cui per fortuna si riprese.
Negli anni successivi l’azienda Burton incontrò ancora alcune difficoltà economiche, ma anche alcune soddisfazioni che rimangono nella storia. Gratificazioni plasmate da grandi campioni e medaglie olimpiche. Nel 2011 fu anche inaugurata una struttura per prototipi, chiamata Craig’s in memoria di Craig Kelly.
Scopri i modelli di tavole odierne: Tavole Snowboard e attrezzature Burton
Il Cancro e la sindrome di Miller Fisher
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Questi sono anche gli anni che hanno colpito in maniera specifica e dura la vita privata di Jake Burton e della famiglia Carpenter.
Jake aveva già subito diverse operazioni nella sua vita tra cui diverse al ginocchio e una a cuore aperto per un prolasso della valvola mitrale. Ma di certo non era preparato a quello che sarebbe successo.
Sempre nel 2011, verso la fine dell’anno, gli venne diagnosticato un cancro ai testicoli: “Era l’estate che l’ASP Surf Tour aveva un evento a Long Island” raccontò Burton “qualcosa stava iniziando a crescere sotto la mia ascella e ricordo che Danny Davis disse: “È contagioso?” E ho capito che dovevo farlo controllare. Sono andato direttamente alla Mayo Clinic, dove avevo fatto l’intervento al cuore. Hanno fatto una biopsia ma non mi aspettavo il cancro”.
La buona notizia fu che era curabile. Infatti, dopo 3 mesi di terapia inviò una comunicazione ai suoi dipendenti dove scrisse che il trattamento aveva avuto successo.
Negli anni successivi il lavoro della Burton Snowboards e quello di Jake e Donna, continuò senza sosta nonostante le difficoltà affrontate. Spesso collaborando con la nazionale olimpica degli Stati Uniti (dove erano presenti gli snowboarder del Team Burton), fornendo loro attrezzature o divise.
Nel 2012 vennero anche inseriti nella Hall of fame del museo di sci e snowboard del Vermount e nel 2015 Jake Carpenter fece visita agli uffici della Burton in Cina e in Corea. In quell’occasione rilasciò un’intervista al media Bloomberg, dove si augurava e spiegava il perché le Olimpiadi invernali di Pechino (Beijing) fossero importanti per la sua attività.
La sindrome di Miller Fisher
Sempre nel 2015 Jake venne portato in ospedale dopo aver riscontrato i primi sintomi della Sindorme di Miller Fisher, considerata una variante della Guillain-Barré. Una malattia autoimmune che la portato a rimanere paralizzato per circa 8 settimane e completamente cieco. Ma anche intubato per 12 perché impossibilitato a deglutire e respirare. Dopo una lunga ed estenuante riabilitazione a Giungo dello stesso anno rientrò a casa e a Dicembre riuscì a cavalcare di nuovo il suo amato snowbord.
Burton rivelò cosa provò in quel periodo in un’intervista con Pat Bridges (Direttore Creativo di Snowboarder Magazine): “Non riesco a ricordare per quanti giorni sono stato completamente cieco, ma è passato molto tempo e non ho potuto parlare…perché ero attacato al ventilatore. Non ho parlato per due mesi” e ancora “Donna continuava a dirmi che stavo per riprendermi completamente, ma non credevo ne a lei ne ai dottori. Mi fidavo di lei, ma non mi fidavo della sua diagnosi. Non mi fidavo nemmeno dei dottori più intelligenti…Non ho mai visto una via d’uscita e non ho mai creduto che stavo per guarire. Non ci credevo…Non ero in grado di fare nulla, tranne una specie di scarabocchi alla cieca… Questo era tutto ciò che potevo fare, e grazie a Dio ce l’avevo. Se non avessi potuto scrivere, ci sarebbe stato un danno psicologico a lungo termine…i miei appunti erano la mia salvezza, la mia comunicazione“.
Gli ultimi anni di Jake Burton Carpenter
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Dopo la riabilitazione e dopo essersi ripreso completamente Jake tornò a fare quello che sapeva fare meglio, gli snowboards e a dedicarsi alla Burton.
Nel 2016 nominò CEO dell’azienda sua moglie Donna e nello stesso anno collaborò con l’artista Jeff Koons per produrre una tavola edizione limitata (solo 50 pezzi) fatta completamente a mano, la Philosopher. Tutti i proventi andarono all’organizzazione no profit fondata da Jake e Donna.
Articolo New York Times: Jeff Koons progetta uno snowboard (con l’aiuto di Platone)
L’anno 2018 fu la stagione di altri ori olimpici. Durante le Olimpiadi invernali in Corea del Sud – dove la Burton Snowboards forniva anche le divise olimpiche – i campioni del team Burton Red Gerard, Anna Gasser, Chloe Kim e il già pluricampione olimpico Shaun White, conquistarono le medaglie d’oro nelle gare di big air, halfpipe e slopestyle. E sempre nello stesso anno venne lanciata l’ultima collezione creata dallo stesso Burton, la Mine 77.
Il trasferimento a Zurigo e il ritorno del linfoma
L’anno successivo Donna e Jake decisero di trasferirsi a Zurigo per aiutare e sostenere il mercato europeo. A Novembre di quell’anno a Burton venne nuovamente diagnosticato il cancro ai testicoli e lui come era solito fare, avvertì i suoi dipendenti con una lettera lasciando queste parole:
“Non ci crederai, ma il mio cancro è tornato. È lo stesso tumore della prima volta. Semplicemente non ce ne siamo mai sbarazzati. Ne era rimasto un po’ nei miei linfonodi ed è tornato in attività.
Le probabilità sono a mio favore, ma sarà sicuramente una lotta.
Per quanto temo ciò che mi sta di fronte, è più facile affrontarlo quando sai di avere una famiglia che andrà comunque avanti.
La penso allo stesso modo per la mia azienda, i miei amici e il nostro sport. Tornerò, ma a prescindere, tutto è in buone mani ed è una sensazione incredibile quando si entra in questa zona d’incertezza”.
Il 20 Novembre del 2019 Jake Burton Carpenter muore a Zurigo all’età di 65 anni e il 21 Novembre il co-CEO John Lacy comunicò la grande perdita ai dipendenti della azienda di Snowboards:
“Con il cuore molto pesante condivido la notizia che Jake è morto pacificamente la notte scorsa circondato dalla sua famiglia e dai suoi cari a causa delle complicazioni dovute a un cancro ricorrente. È stato il nostro fondatore, l’anima dello snowboard, colui che ci ha regalato lo sport che tutti amiamo così tanto. È successo tutto all’improvviso, ed è una perdita tremenda per la sua famiglia, i suoi amici e tutti voi. Mandiamo tutto il nostro amore e la nostra energia positiva a Donna, George, Taylor, Timi e alla famiglia allargata”.
L’azienda oggi
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Oggi, Burton Snowboards Inc. rimane il leader indiscusso nel settore dello snowboard, con una quota di mercato superiore al 30%. Dopo la scomparsa del fondatore Jake Burton Carpenter nel 2019, l’azienda è guidata dalla moglie Donna Carpenter e dai loro figli. Donna, ex co-CEO e attuale proprietaria, ha continuato a portare avanti la visione e i valori di Jake, consolidando Burton come punto di riferimento per innovazione, qualità e sostenibilità nel mondo dello snowboard.
Sotto la leadership di Donna, Burton ha ampliato la sua presenza globale con oltre 1.000 dipendenti, più di 50 negozi in tutto il mondo e una rete vasta di rivenditori autorizzati. L’azienda continua a investire in ricerca e sviluppo, collaborando con atleti professionisti per perfezionare prodotti e tecnologie. Inoltre, Burton è impegnata in iniziative di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, riflettendo l’importanza di restituire valore alla comunità dello snowboard e al pianeta.
Il Team Burton
Il successo di Burton Snowboards non sarebbe completo senza il contributo eccezionale del suo Team Burton. Composto da alcuni dei migliori atleti nel panorama mondiale dello snowboard, il team include campioni olimpici, vincitori degli X Games e innovatori dello sport. Questi rider non sono solo atleti di punta, ma anche ambasciatori del marchio e attivisti impegnati a migliorare le loro comunità.
Ogni membro del team apporta la propria esperienza e passione, fornendo feedback preziosi su tavole, attacchi e abbigliamento tecnico. Questa collaborazione diretta con i designer e gli ingegneri di Burton permette di sviluppare attrezzature che rispondono alle esigenze reali dei rider, portando avanti l’innovazione nel settore dello snowboard.
Conlusione
La vita di Burton è stata un ciclone, fatta di sacrificio, visione e determinazione. Una vita che gli ha dato la possibilità di fare quello che lui amava, cioè cavalcare una tavola da snowboard. Ma è stata invasa anche da grandissime difficoltà, dolori e paure. Viene ricordato da chi ha avuto l’onore di conoscerlo come un uomo semplice, sincero e genuino.
Nel suo percorso la conoscenza con Dimitrije Milovich (uno dei primi produttori di snowboard in America – Winterstick), la rivalità con Tom Sims, la collaborazione con grandi atleti come Craig Kelly e l’incontro con sua moglie Donna Carpenter, hanno permesso a Jake di plasmare il suo desiderio e alla Burton Snowboards di divenire l’azienda di snowboard che è oggi. Ma soprattutto a far conoscere lo snowboard come sport al mondo.
Jake Burton Carpenter è stato indiscutibilmente il padrino di questo sport e grazie a lui e a sua moglie Donna oggi è conosciuto in tutto il mondo.
Il mondo della Burton Snowboards è in continua evoluzione e il suo team porta avanti la grande eredità lasciata da Jake. Altri ori olimpici e altri campioni si sono uniti alla sua storia. E questo continuerà ancora per molto, perché la Burton è si una grande azienda, ma prima di tutto una grande comunità di snowboarder.
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Fonti e altri approfondimenti
Intervsita a Burton su Sports Illustrated il 13 Gennaio 1997
Appunti di Jake Burton: Cronologia date importanti
Articolo New York Times sulla sindrome di Miller Fisher di Burton
Approfondisci la storia di Jack leggendo l’intervista pubblicata originariamente nel numero di settembre 2016 di Snowboarder Magazine.
Ascolta l’intervista (in inglese) di Guy Raz a Jack Burton Carpenter (2017)
Una delle ultime interviste a Forbes di Jake con Donna (Agosto/Settembre 2019)
Nel 2021 è stato prodotto un film documentario – Dear Rider: The Jake Burton Story – che ripercorre la vita di Carpenter, attraverso i racconti dei famigliari, degli amici e icone dello snowboard, Shaun White, Kelly Clark e Mark McMorris.
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Buoni triks Zen snowboarder!
Fotto in evidenza di: Burton.com